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2017-09-07 09:05:54
Cantiere RS a Casal di Principe, gli scout con la Madre di Don Peppe
Tanti ragazzi provenienti da varie regioni d’Italia partecipano al Canterie R/S Agesci da "Terra di camorra a terre di don Peppe Diana"

Uno alla volta, entrano alla spicciolata nel portone di via Garibaldi . Ad attenderli Emilio, il fratello di don Peppe e mamma Iolanda. Indossano le classiche camicie azzurre, i pantaloncini corti di colore blu e al collo il foulard rosso. Sono ragazze e ragazzi scout provenienti da varie regioni d’Italia che partecipano al Canterie R/S Agesci da "Terra di camorra… a terre di don Peppe Diana".
Un cantiere aperto dal 29 agosto al 4 settembre e che quest’anno ha avuto come base il bene confiscato di via Urano a Casal di Principe “Casa don Diana”. Sono poco più di una ventina, guidati dai loro capi Michele Martino, Gabriella Patricolo, Pasquale Leone e Valerio Taglione del Comitato don Peppe Diana. “Ogni volta che li vedo è come se vedessi mio figlio Peppe”, dice Iolanda Di Tella, mentre i giovani scout si siedono per terra nell’ampio terrazzo al primo piano dell’abitazione.
Iolanda si muove lentamente, ma riesce a piccoli passi a sedersi su una sedia tra due ali di ragazzi, mentre Michele uno dei capi, le mette al collo un foulard rosso e una molletta sulla quale c’è scritto “Alberto”. E’ il nome di uno scout diciottenne di Ovada morto ai primi di agosto nei pressi di Assisi, mentre era in gita con altri ragazzi. “Questo foulard, che abbiamo indossato ognuno di noi in questi giorni - spiega Michele – lo daremo alla mamma di Alberto. Le farà piacere sapere che lo ha indossato anche la mamma di don Diana”.
“La mia più grande soddisfazione – dice ai ragazzi Iolanda - è che dopo tanti anni dalla uccisione di mio figlio, la mia casa è sempre piena di giovani scout come voi. Questo significa che chi lo ha ammazzato pensando di uccidere anche le sue idee, ha fatto male i conti. Se voi siete qui, significa che la camorra e i camorristi hanno perso”. I ragazzi sono attenti. Ascoltano in silenzio. Ma fanno anche tante domande all’anziana donna. Vogliono sapere di come ha vissuto i mesi dopo la morte di don Peppe, cosa ha provato in quei momenti e perché c’è stato chi voleva diffamarlo. Ma sono anche curiosi di sapere com’era il prete da ragazzo. Iolanda, si ferma, sospira e con gli occhi gonfi di lacrime risponde come ha fatto decine di altre volte. Racconta dei tentativi di diffamazione.
“Tutti i giorni tentavano di dipingerlo come in realtà non era. E’ come se me lo avessero ucciso un’altra volta. Sopportavo nel silenzio questo modo vergognoso di descrivere il mio Peppino. La sua morte mi ha lasciato un dolore che porto sempre con me”. Spesso si esprime con cadenze dialettali. I ragazzi, specie quelli provenienti da altre regioni, fanno fatica a capire, ma tutto si risolve con l’aiuto dei capi scout.


“Gli piaceva studiare al mio Peppino, ma era anche di un carattere gioviale, sempre allegro e amava stare in compagnia. Ma era soprattutto uno scout. Non ha mai smesso di esserlo, anche quando gli hanno assegnato la parrocchia che gli portava delle responsabilità più grandi. Qualche volta ho cercato di farglielo notare, ma non c’era verso: “Piuttosto lascio la parrocchia, ma non gli scout”, mi diceva. Era un vulcano di idee, di iniziative, ma anche persona di grande cultura e grande fede. Mio figlio era un prete per davvero, a differenza di tanti altri che spesso sfruttano per se stessi l’abito che portano”.
Su un grande cartellone con un punto interrogativo e tante domande, gli scout mettono le loro firme. Rifanno la promessa davanti a Iolanda di Tella. Una sorta di monito a non dimenticare. “A noi tocca il dovere della memoria – afferma Michele Martino - Dobbiamo fare in modo che don Peppe Diana non sia dimenticato e non sia morto inutilmente. Dobbiamo fare nostra la sua attenzione per gli ultimi, i sofferenti, gli immigrati e la sua forte propensione alla giustizia sociale”.
Prima di salutare la mamma di don Diana, i ragazzi scout le donano un piccolo vaso con dei semi: “Rappresentano i germogli dei semi che don Peppe ha cominciato a piantare tanti anni fa in queste terre”.

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