Racconti al Fuoco di Bivacco
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Il novizio fatato
2017-01-06 22:18:56
Questa leggenda scout è diventata ormai un classico nel suo genere. Chi l’avrà scritta? Stranamente non fu firmata, ma forse anche questa omissione è uno degli aspetti misteriosi che contribuiscono a dare un certo tono di leggenda a tanta storia scout. O forse è vero che qualche volta nello scautismo è possibile incontrare una fata o…un mago.

vano, il Csq. dei Gatti, incontrò la fata uscendo di casa. Non ebbe alcuna difficoltà a convincersi che era una fata, poiché ella, grazie al suo potere magico, gliene diede la certezza.
La fata era una giovane ragazza della buona borghesia, abbigliata con eleganza, ma senza esagerazione. Era a capo scoperto ed aveva i capelli piuttosto bruni, il che meravigliò Ivano che aveva sempre immaginato tutte le fate bionde. Egli si fermò educatamente.
- Buongiorno, Signorina, mi scusi un certo imbarazzo che ho nel parlarle; sono molto felice ed emozionato nel vedere una fata. Capirà, è la prima volta che mi accade. - Oh, no! Non è così - rispose la fata. - Il fatto è che normalmente non ci si accorge di nulla, mentre questa volta ti ho avvertito.
- Che cosa posso fare per Lei? - domandò Ivano, che non aveva ancora fatto la sua B.A. Se lei fosse una vecchia Signora, con un fagotto, in una foresta, potrei proporle di portare il carico fino alla Sua casupola, ma lei non è vecchia, non ha un fagotto e siamo in mezzo ad una via cittadina. Non saprei proprio come rendermi utile.
- Non invertire le parti - disse la fata - sono io che debbo aiutare te, poiché sono una fata. Che cosa desideri?
- Sono molto imbarazzato nel risponderle, poiché mi ha preso all’improvviso.
Ho sempre avuto il desiderio di molte cose: vedere attraverso le porte chiuse, essere forte nelle gare, volare nell’aria, avere un portamonete inesauribile, nuotare molto bene il crowl e vincere dei campionati, possedere un’auto che funzioni ad acqua, leggere nel pensiero alla gente, saper usare il laccio come i cowboys. Ivano riflettè un istante, poi aggiunse ancora:
- E desidererei molto che la mia squadriglia vincesse le gare di zona domenica prossima, cosa che è quasi impossibile con un novizio così maldestro come Alberto! - È evidente - disse la fata.
- Ma come, lei è al corrente? - chiese con meraviglia Ivano.
- Certamente - disse la fata - poiché io sono una fata. - È vero - esclamò Ivano - mi scusi.
Camminarono un momento in silenzio. La fata infine soggiunse:
- E se Alberto si ammalasse alla vigilia delle gare, non si potrebbero forse aggiustare le cose? Basterebbe un piccolo raffreddore, nulla di grave.
- Non sarebbe molto gentile verso di lui - mormorò Ivano - e d’altra parte ci squalificherebbero perché non saremmo in sette.
- Potrei rimpiazzarlo io - disse la fata con decisione.
- Può star sicura che la riconoscerebbero subito!
- Non temere - disse la fata - io prenderò le sembianze di Alberto. Non ho nemmeno bisogno di domandarti il luogo di ritrovo perché lo conosco già.
La fata si guardò attorno: la strada era deserta. - Non vorrei farmi notare sparendo troppo improvvisamente - aggiunse ella - ma poiché siamo soli non ho questa preoccupazione. A domenica! E sparì.
La domenica successiva, sul piazzale della stazione, la squadriglia era quasi al completo all’appuntamento. Mancava solo Alberto. Ivano era molto nervoso. Attorno ai Gatti, diciannove altre squadriglie, in piccoli gruppetti, attendevano l’inizio delle gare, sorvegliando il gruppo dei Commissari e dei Capi, che camminavano in su e in giù lungo l’altra estremità della piazza ridendo e scherzando, quasi non si rendessero conto che le gare di zona sono una cosa seria per le squadriglie. Nell’attesa i Gatti sbirciavano gli altri esploratori cercando di scoprire quanti fossero i Capisq. di 1a classe (una delle mete del Vecchio Sentiero scout) e quanti gli scouts ricchi di brevetti. Questa esplorazione dette qualche dispiacere ai Gatti e destò in loro qualche inquietudine e qualche dubbio sulla possibilità di vincere le gare.
- Ah! Ecco Alberto! - esclamò improvvisamente Giacomo, il Vcsq.
- Non muoverti - disse Ivano - gli vado incontro io. Dopo avere stretto la mano al caposquadriglia, Alberto gli domandò:
- Hai messo gli altri al corrente?
- No, Signorina - rispose Ivano.
- Preferisco così. Sarebbe meglio che da questo momento ci dessimo del tu. E non chiamarmi signorina…
- Bene - disse Ivano - Lei mi…tu mi metti in una situazione imbarazzante.
- Attenzione! Controllati, andiamo. L’onore della squadriglia è in gioco.
E come arrivarono all’altezza degli altri squadriglieri,la fata disse: - Per poco, sai, non sono rimasto a casa; questa mattina credevo di avere un potente raffreddore.
- Spero che non sia nulla di grave - disse amabilmente Ivano, che si era ripromesso d’indirizzarsi alla fata in modo indiretto, per non essere costretto ad usare il «tu».
Dopo aver salutato tutti, Alberto annunciò con enfasi. - Sono abbastanza pronto. Ho messo a punto la mia tecnica, farò scintille, vedrete.
- Andiamo bene - sospirò Giacomo - con un simile polentone c’è da aspettarsene di tutti i colori! - Sii gentile - disse fermamente il Csq.
Un ondeggiamento si produsse tra i ragazzi radunati, che, bruscamente ma in silenzio, si voltarono verso il piccolo gruppo dei Capi: il Vice Commissario Provinciale stava suonando con un corno la chiamata dei Capi Squadriglia. Le gare avevano inizio: ciascun Capo Squadriglia ricevette un messaggio segreto il cui testo dava le indicazioni per la partenza.
Ivano ritornò verso i Gatti agitando il messaggio. - A prima vista io non sono riuscito a comprendere nulla - disse egli - potrebbe essere del morse mascherato.
- No, senz’altro no - disse il novizio. - Che ne sai tu? - domandò Cavalletta, il terzo di squadriglia.
- Potrebbe aver ragione - intervenne Ivano allarmato.
- Qui potrebbe esserci uno spostamento di lettere su un numero di tre cifre - rispose il novizio fissando Cavalletta con una viva insistenza. Questi assunse subito un aspetto stranamente pensieroso e pronunciò con una voce lontana, come distaccata:
- Dammi il foglio, Ivano. Grazie. In alto nel foglio c’è il segno (pi greco), cioè 3,1416 o 3,14. Probabilmente bisogna scalare la prima lettera di tre posti nell’alfabeto, in avanti o indietro.
- Certamente in avanti, disse con autorità il novizio. - In avanti, - ripetè docilmente Cavalletta - e poi scalare la seconda lettera di un posto, la terza di quattro e così di seguito.
- Sei sicuro? - domandò Ivano a Cavalletta.
- Sì! - rispose al suo posto il novizio.
- La chiave era proprio 314 e il messaggio tradotto suonava così:
«Andate alla Quercia della Difesa. Per la strada raccogliete delle foglie che vi permettano, con la prima lettera del loro nome, di formare la parola Joannes».
- In cammino - disse Ivano.
Come furono nella foresta dovettero preoccuparsi di raccogliere le piante.
- È l’«J» che è difficoltoso trovare - osservò Giancarlo, il botanico di squadriglia.
- Eccolo! - disse il novizio indicando un arbusto. - Ebbene? Quello è pungitopo; Joannes non ha la «p» mio caro Alberto.
- Il resto della squadriglia si espresse con un coro di risatine ironiche, salvo nauralmente Ivano.
- Lo so. Ma quello serve per l’«J» non per la «P» - precisò Alberto - Quell’arbusto anticamente veniva chiamato Jeromirto. Al giorno d’oggi questo nome non si usa quasi più ed è diventato una voce arcaica, tuttavia sul dizionario Palazzi è ancora riportato.
- Che cos’è questa novità? - disse stupito Giancarlo.
- Sei ben sicuro di tutto ciò? - chiese Ivano pieno di speranza.
- Si - rispose il novizio - sono sicuro.
- Il novizio conosce il nome arcaico delle piante1 Ma da dove tiri fuori tutta questa scienza? - domandò Giacomo.
- Avevo uno zio che si interessava molto di botanica; era un mag… - la parola gli si troncò di colpo sulle labbra. - Mago, forse? - soggiunse ridendo Giacomo.
- No, Magistrato - riprese Alberto con un tono un po’ precipitoso.
Poco prima della Quercia della Difesa, Giancarlo controllò la raccolta:
- Tutto va bene - disse Jeromirto (hum!), Olmo, Acacia, Noce, Edera e Sambuco. Dannazione! Nel nome ci sono due «N» ed occorrono quindi due piante diverse con questa iniziale. Andrebbero bene delle foglie di nocciuolo, ma qui è impossibile trovarle.
- Ma tu le hai - osservò il novizio.
- No, sono foglie di noce.
- Guarda bene, le hai tutte e due. - No, ho raccolto per sicurezza due rami di noce - affermò Giancarlo. E per sostenere le sue ragioni prese in mano i due rami. Come li mise a confronto aggrottò le sopracciglia, impallidì leggermente e disse con voce tremante:
- Non riesco a capire. Li ho raccolti dal medesimo albero ed ecco che mi trovo in mano del noce e del nocciolo. Eppure sono ben capace di distinguerli.
- Il noce si è trasformato in nocciolo, ecco tutto! - disse ridendo il novizio.
- Come per incanto! - aggiunse Ivano, che subito si pentì di questa battuta.
Ma si rassicurò tosto poiché non notò che gli altri l’avessero rilevata.
Il Capo, addetto al posto di controllo della botanica si meravigliò di ciò che la squadriglia sapeva sul pungitopo e si complimentò per questo con essa.
Era necessario raggiungere il posto n. 2 seguendo una pista molto complicata.
Il novizio aveva l’aria di andare a caso, ma era sempre il primo a scoprire le tracce più difficili. Il percorso prevedeva anche un ostacolo difficile: un muro alto 3 m. da superare senza alcun mezzo da parte di tutta la squadriglia. Naturalmente un Capo era là pronto a cronometrare il tempo impiegato. Ivano decise che il novizio sarebbe passato per ultimo. Quando Piero, l’atleta dei Gatti a cavalcioni sulla cima del muro, si chinò per tendere la mano al novizio, non lo vide più.
- Alberto, dove ti sei cacciato? - gridò un po’ innervosito.
- Qui - rispose una voce dall’altra parte del muro. Il novizio aveva superato l’ostacolo senza aiuto e senza che nessuno se ne accorgesse.
- Ah! Ma… tu sei passato attraverso il muro! - disse scherzando Piero.
- Sì - rispose semplicemente il novizio.
- Al posto n. 2 una funicella era tesa ad un metro dal suolo: bisognava tagliarla con la fiamma di un fuoco che la squadriglia doveva accendere sotto.
La vigilia era piovuto, ma il novizio non ebbe alcuna difficoltà a portare subito un gran fascio di ramoscelli secchi ed asciutti. Castoro, cuciniere e pioniere di squadriglia, aveva però scelto male il posto per il fuoco: il vento deviava la fiamma molto lontano dalla funicella.
- Alberto, aiutami a spostare il fuoco - gridò Castoro.
- È inutile - rispose il novizio - guarda…
Il vento, effettivamente, stava cambiando direzione e la funicella cominciava a bruciare.
- Bravi, Gatti: voi avete conquistato il record! - disse il Capo del posto n. 2 - ed ora avete cinque minuti di tempo per improvvisare un travestimento da fuoco di bivacco: mi presenterete uno di voi travestito da fata.
- Cavalletta truccherà Alberto - decise Ivano.
- Com’è una fata? - domandò un po’ imbarazzato Cavalletta.
- In questo momento come il novizio dei Gatti! - rispose ridendo Alberto. - Spicciamoci!
Alberto si drappeggiò con una coperta, tolta dal suo zaino che pareva vuoto, prese a prestito dei foulard, si fece una corona e dei braccialetti con fiori di campo, tagliò una bacchetta magica ed infine sollecitò il parere degli altri.
- Che vene pare?
- Veramente coi fiocchi! - disse sinceramente Ivano.
- Vedrai - concluse il novizio mentre si avviava per presentarsi al Capo della prova. Questi espresse la propria ammirazione con un fischio:
- Straordinario! Questo mantello, questa veste fiorata, e le trecce e i gioielli! Bravi, Gatti. Io sono veramente incantato, sì, sì, veramente incantato!
- Volete permettermi, Capo, di trasformarmi in una zucca con un colpo di bacchetta magica? - domandò il novizio agitando il rametto che teneva in mano.
Ivano si sentì agghiacciare il sangue; «Ella» era ben capace di farlo, pensò con un vivo sentimento di contrarietà e con la triste previsione della catastrofe cui sarebbe andata incontro la sua squadriglia. Sarebbe stata squalificata e ci sarebbero state delle noie a non finire quando si fosse risaputo che il Vice Commissario Provinciale era stato trasformato in una zucca.
Il Capo della prova si mise a ridere e disse: - No! Inutile spingere la prova fino a quel punto! Durante tutto il percorso delle gare, il novizio fu abbagliante. Diede prova di brillante competenza tecnica, affascinò i Capi che controllavano le prove, sciolse le difficoltà come un facile gioco, ristabilendo all’ultimo momento una situazione che all’inizio pareva gravemente compromessa.
Gli squadriglieri, compreso Giacomo, pur meravigliandosi non poco della virtuosità del novizio, gliela riconobbero ed ebbero fiducia in lui: anch’essi erano sotto l’incantesimo.
Quella fu una giornata magnifica per il prestigio e la gloria della squadriglia dei Gatti, che conquistò il primo posto nelle gare di zona con un vantaggio veramente notevole sulle altre.
Quando, al termine della giornata, i ragazzi si separarono, felicitandosi ancora una volta l’un l’altro per la vittoria conseguita, Ivano, il Capo squadriglia, cercò di rimanere solo con il novizio.
- Ebbene! - gli disse - Non mi resta che ringraziarla, Signorina: Non so come provarle la mia riconoscenza. Potrebbe accettare di essere nominata Gatto onorario?
- Grazie, ti sono riconoscente per questa offerta - disse la fata - se vuoi posso subito trasformarmi in un vero gatto.
Prima ancora di avere una risposta, il novizio entrò nel portone più vicino, per uscirne, appena due secondi dopo, sotto la forma di un gatto che accompagnò Ivano per qualche metro, zufolando dolcemente il canto della squadriglia dei Gatti.
Poi sparì nella notte. Nelle riunioni e nelle uscite seguenti, Alberto, il novizio, si meravigliò molto sia della considerazione inattesa che gli dimostrarono tutti gli squadriglieri, sia delle allusioni numerose sulla sua brillante condotta nelle gare di Commissariato. Non si formalizzò però molto su quella che considerava una facezia collettiva, certo non molto piacevole. Ebbe modo, d’altronde, di constatare che il suo prestigio era veramente reale: tutto ciò che faceva era approvato dagli altri; e spesso gli domandavano consiglio anche i più anziani della squadriglia.
Gli stessi gesti e le stesse considerazioni, che in altre circostanze avrebbero suscitato l’ilarità di tutta la squadriglia, erano ora accolti col più grande rispetto.Alberto non cercò mai di scoprire il mistero di questo comportamento.
Pensò che si trattasse di una consegna di Ivano, anche perché l’atteggiamento del Capo squadriglia era un po’ diverso da quello di tutti gli altri. Ben presto Alberto acquistò una grande fiducia nelle proprie capacità.
Egli si sentiva incoraggiato dai successi: le vittorie chiamarono le vittorie. Sicuro di essere molto forte in tecnica scout, egli se ne interessò con entusiasmo fino a diventare veramente imbattibile in molti campi.
Lusingato perché le sue opinioni erano tenute in considerazione, si applicò per migliorarle; contento per la fiducia che gli si accordava, si sforzò per esserne sempre degno. Tanto fece , e così bene, che alla fine dell’anno fu nominato Vice Caposquadriglia, poiché si era reso vacante il posto lasciato da Giacomo, salito al Clan con Ivano.
Quando ripensava alla sua carriera tanto rapida, quanto inesplicabile, egli diceva fra sé con modestia:
- Ciò che mi è capitato è un vero racconto di fate…

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